giovedì, Dicembre 7, 2023

Work Life Balance o Work Addiction

tu cosa scegli?

Siamo in dirittura d’arrivo per l’estate e come sempre è tempo di bilanci. Ci si ritrova a desiderare le ferie come un miraggio, come l’acqua nel deserto; a sentire che staccando per due giorni poi non si vorrebbe rientrare al lavoro. Ma chiediamoci: “siamo davvero in un rapporto sano con il tempo libero? Qual è la nostra relazione e costruzione personale del lavoro? Che cosa rappresenta la nostra identità professionale di noi e della nostra cultura?”.

Work Life Balance: obiettivo o miraggio?

Questo termine inglese rappresenta l’equilibrio tra vita privata e lavoro; è quindi la capacità che la persona dovrebbe sviluppare per gestire in modo proficuo il proprio tempo.

Questo concetto è nato in Gran Bretagna negli anni ‘70, ed è oggi uno dei focus di molte conversazioni tra le persone. Complice (o stimolo attivante) è stato l’avvento dello smart working, forma con cui il lavoro è “entrato” letteralmente nelle nostre case. Come mettere confini? Come proteggere la nostra intimità? 

Oggi molti clienti mi portano come problemi “lo stress del lavoro”, “la pressione della prestazione” come se fossero elementi calati dall’alto (o almeno vissuti come tali) a cui non si può rinunciare. Ma non si può neanche soccombere sotto di essi.

Nel 2022 è stata effettuata un’indagine da Randstad sull’employer branding, rispetto alla quale per il 65% dei lavoratori intervistati il Work Life Balance è l’aspetto prioritario nella scelta di un’azienda. È pertanto cambiata la cultura rispetto al lavoro, considerato fino a poco tempo fa, soprattutto nelle generazioni over 40, elemento di riscatto sociale, di affermazione, e come fattore di sacrificio per la conseguente solidità finanziaria. Secondo la vecchia cultura quindi, tutto questo faceva parte del normale processo di carriera. 

Oggi, soprattutto nelle generazioni più giovani, ciò che conta è il principio del “piacere”: quanto l’offerta lavorativa risponde al mio bisogno di autorealizzazione.

Perché è così importante trovare un equilibrio tra queste due parti dell’identità di una persona, cosa rischiamo quando c’è disequilibrio? A cosa andiamo incontro?

Molta la letteratura scientifica — sia in ambito della psicologia clinica sia nella psicologia del lavoro e dell’organizzazione — che evidenzia come sovraccarichi di lavoro siano potenzialmente associati ad un maggior rischio di incorrere in ictus e problematiche cardiocircolatorie. 

Esprimiamo psicologicamente il disequilibrio — quindi una condizione di Work Addiction — quando sperimentiamo:

  • Sensazioni di forte stress
  • Disturbi del sonno (insonnia, risvegli precoci)
  • Difficoltà di attenzione e concentrazione
  • Irritabilità
  • Isolamento relazionale
  • Mancanza di tempo per fare qualsiasi cosa extra lavoro
  • Sensazione di affanno costante
  • Rimuginio del pensiero e pensieri intrusivi legati al lavoro

Nel 2017 uno studio dell’European Heart Journal ha dato evidenza di come prolungati orari di lavoro sarebbero associati ad un più elevato rischio di fibrillazione atriale.

Come uscire quindi da una condizione di Work Addiction e coltivare un approccio alla vita Work Life Balance?

Esiste, dal mio punto di vista, la responsabilità personale che ognuno di noi ha verso se stesso: la cura di me deve partire da me; pensare o attribuire ad altri l’incapacità organizzativa o le richieste di prestazioni irrinunciabili, rappresentano spesso alibi per non attivare o generare un cambiamento. 

“Si è sempre fatto così” non significa che si debba continuare a fare così!

Per prima cosa direi di aumentare la propria assertività, quindi la capacità di affermare il proprio pensiero e mettere confini; poter dire di no, senza aggressività verso l’altro o temendo una ricaduta in termini di giudizio.

Secondariamente, essere ligi come lo si è al lavoro nel ritagliarsi più tempo per le relazioni sociali;obiettivo possibile con una buona pianificazione personale. Spesso i miei clienti mi raccontano che quella determinata sera non avevano voglia di uscire, non volevano fare la partita a calcetto o cose simili. Ma poi è diventato chiaro che “essere andati oltre la propria demotivazione è stato attivante” (esperienza che provo anche io quando sono fuori dallo studio e indosso i miei “panni quotidiani”).

In terzo luogo il tempo libero non è tempo vuoto

Il tempo libero non è uno slot da riempire a tutti i costi, perché così facendo diventerebbe fonte di stress.

Il tempo libero è un tempo dove imparare, godere, e assaporare “lo stare”.

Auguro quindi a tutti noi, di poter raggiungere uno stile di vita Work Life Balance, obiettivo percorribile per tutti con una buona organizzazione personale e capacità assertiva.

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