Un’indagine Freenow sulla situazione attuale
La vita moderna porta a una necessità sempre crescente di “spostamento”. Spostamento per lavorare o per viaggiare; spostamento per i doveri della vita quotidiana, per fare sport o semplicemente per svago.
Con la famiglia, con amici e colleghi, o anche da soli quando la situazione lo richiede.
Ci sono tante combinazioni da rendere difficile la “condivisione” di un mezzo di trasporto, ma forse solo perché si guarda dalla prospettiva sbagliata.
Si è legati al concetto di mezzo privato perché è così che è sempre stato e l’alternativa al massimo è il mezzo pubblico. Eppure la sharing mobility è una realtà quotidiana, un’opportunità da abbracciare almeno in qualche occasione.
“Sharing mobility” è ogni qualvolta si sceglie un mezzo di trasporto condiviso anziché uno privato. Dal taxi, al car sharing, fino a opzioni di micromobilità come e-bike, scooter o monopattini elettrici. Sono tutte soluzioni in cui invece di comprare un mezzo si sceglie di noleggiarne uno, quello più adatto e solo per il tempo che serve; condiviso con altri se c’è opportunità.
Una tendenza che cresce in modo costante da anni, soprattutto nelle grandi città, dove il traffico e la flessibilità di spostamento sono più sentiti.
Ma qual è lo stato dell’educazione stradale in Italia quando si parla di sharing mobility? A dare una risposta è il team di Freenow — un’app diffusa in tutta Europa che fornisce soluzioni di mobilità — che ha condotto un’indagine approfondita chiedendo direttamente ai suoi utenti.

Dall’indagine è emerso che il 94% di loro ha assistito almeno una volta a comportamenti scorretti nei confronti dei mezzi di micromobilità.
In particolare hanno evidenziato la poca cura dei mezzi in condivisione, lo scarso rispetto delle regole stradali e fenomeni di “parcheggio selvaggio”.
Tutti atteggiamenti che rivelano delle mancanze nei riguardi del senso del bene comune e del rispetto per gli altri.
Una forma di cattiva educazione da tenere a freno, tanto che gli stessi utenti si dicono pronti a contribuire nel loro piccolo. Già molti di loro, più del 70%, segnalano da tempo i veicoli che non sono in buono stato e si affermano favorevoli all’introduzione di sanzioni (almeno sospensione o blocco account) agli utenti che non rispettano i mezzi condivisi.
L’indagine ha poi evidenziato una partecipazione attiva al miglioramento del servizio. Tra i suggerimenti più sentiti, l’esigenza di una maggiore educazione sul concetto di “condivisione come patrimonio comune”, l’introduzione di regole più rigide per la micromobilità e la necessità di riservare il servizio solo a chi è munito di patente o patentino di guida.
Quest’ultimo punto in particolare, è forse un primo passo che i provider privati potrebbero attuare per facilitare il rispetto delle regole stradali: avere una certificazione della motorizzazione è almeno un segno di conoscenza, rimarrebbe quindi solo un fattore di educazione sociale.
La parte finale è quella più interessante, perché è qui che viene richiesto agli intervistati di attribuire un valore alla sharing mobility: quasi la totalità degli intervistati ritiene che questo tipo di mobilità migliori la vita urbana; più della metà apprezza la flessibilità del sistema e lo vede come un contributo alla riduzione dell’inquinamento e del traffico.
Anche se gli utenti di Freenow sono solo un campione della popolazione generale, è una sensibilità incoraggiante quella che è emersa da questa indagine.
Infatti, una delle sfide dell’era moderna è quella di «realizzare città con meno traffico, dove i cittadini possano costruire un modello più sostenibile e moderno di fruizione degli spazi urbani», suggerisce Umberto Javarone, General Manager di Freenow Italia.
E quindi la mossa più importante da fare è imprimere consapevolezza nella mente delle persone: «avere cura dei mezzi in condivisione, delle regole e dell’ambiente circostante è di importanza primaria […] solo agendo insieme è possibile creare un nuovo ecosistema della mobilità e una città del futuro smart, sostenibile e all’avanguardia» dichiara Javarone.
“Agire insieme” è la chiave per superare le sfide attuali sulla sostenibilità. Una sostenibilità che riguarda l’ambiente nel senso ampio del termine, ambiente come natura e ambiente come società.
Deve nascere uno spirito di condivisione coinvolgente, un “senso del bene comune” che sia sentito quanto i bisogni individuali.
E la sharing mobility, un’esigenza concreta e partecipativa, potrebbe essere un esempio da cui partire e poi estendere a tutti gli altri campi del sociale.
Fonte: teamlewis.com/it
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