Socialmente siamo abituati ad associare il lutto come un’esperienza legata alla perdita di una persona. Ma il mio lavoro mi porta a dire che incontriamo il lutto svariate volte nella vita e in forme molto diverse tra loro.
Per esempio, il lutto lo possiamo associare al cambiamento che avviene all’interno della vita della persona in relazione alla fine dell’attività professionale. Ciò che si “perde” in tal senso, è il riconoscimento di sé attraverso il ruolo lavorativo; si perdono le relazioni a esso collegate, si perdono i ritmi e si perde una parte dell’identità nutrita in quel contesto. Ecco perché alcuni non vedono la pensione come un traguardo ma piuttosto come un tempo “di attesa” verso l’inevitabile. E pur consapevoli che l’età avanza e che un’altra fase di vita attende (anche con peculiarità positive), sentono di aver “perso per sempre” qualcosa. Finiscono per portare l’opacità come sensazione quotidiana, come se avessero perso lo “smalto” che li ha caratterizzati fino a quel momento.
Possiamo sentire il lutto, anche alla fine di una relazione che per noi era ricca e carica di significati, di progetti e che immaginavamo sarebbe stata nostra “per sempre”. Inutile o addirittura peggiorativo dire che con il tempo tutto passa, o che al mondo siamo in otto miliardi e una valida alternativa la incontreremo di certo.
Ciò di cui necessita una persona che sta vivendo un evento di “perdita” è avere qualcuno che si sintonizzi con la sua emotività, e che senta la sua profonda tristezza, angoscia, smarrimento, solitudine; qualcuno che senta il dolore di aver perso una parte di sé. Nelle relazioni amicali o di coppia, l’altro funge spesso da rispecchiamento di una propria parte, e quando questo legame si interrompe quella parte smette di esistere; muore. Ma siamo sempre pronti a questo?
Il lutto viene vissuto da alcune persone rispetto a un “prima” e un “dopo”, e questo è il chiaro indicatore della trasformazione interna che si attiva quando si perde qualcosa o qualcuno: ciò che si perde è il riconoscimento di una parte di sé attraverso quel legame.
Sempre più spesso incontro persone che chiedono supporto per affrontare la separazione dal loro animale domestico, e sono ancor più in difficoltà quando hanno scelte da fare in tale direzione. “Lasciar andare” qualcuno di importante ci obbliga a fare i conti con noi stessi, con il ruolo che quell’esperienza aveva nella quotidianità. Ci pone di fronte al vuoto e all’assenza, dimensioni che almeno inizialmente sono poco piacevoli.
Incontriamo il lutto anche nei momenti in cui la malattia entra a far parte della nostra vita o di chi ci sta vicino, o come esito di incidenti di vario genere.
In generale, il cambiamento oggettivabile non sempre va di pari passo con il cambiamento interiorizzato; l’essere umano è portato a difendersi dalla nuova realtà, spesso non voluta, imposta, improvvisa e, ahimè, peggiorativa. Come si reagisce a tutto questo?
Come posso riconoscermi in un corpo che si è trasformato?
In competenze e autonomie che non mi appartengono più?
Come posso rincontrare una persona a me vicina che è presente con il corpo ma non con la mente?
Tutte queste domande portano la persona a sentire un profondo stato di smarrimento, tristezza, angoscia, rabbia; emozioni fisiologiche e assolutamente legittime.
Fronteggiare il lutto è possibile, perché i passaggi che la vita offre sono possibili anche attraverso queste esperienze.
Saper riconoscere di essere in difficoltà o che qualcuno vicino a noi lo sia, è sicuramente un buon punto di partenza.
Ricordiamo infatti che il primo elemento per qualsiasi azione di salute e benessere è la consapevolezza. Da qui si può ricostruire, definire nuove alternative e conoscere nuovi percorsi fino ad allora ignorati. Ma se non si è consapevoli del proprio sentire, si rischia di spostare su altro o altri la propria sofferenza, travestendola magari di ostilità, scontrosità o reticenza: di fatto è la negazione del proprio dolore, spinta dalla falsa credenza che sia l’altro a essere ferito e non noi.
Il lutto è un’esperienza dolorosa, ma se affrontata e non sotterrata può rappresentare un atto di nuova nascita di parti di sé: i vuoti non restano vuoti per sempre, cambiano forma e possono accogliere altro.