domenica, Giugno 4, 2023

Non ho resistito!

Lo Shopping compulsivo, cosa racconta di te?

Quando l’acquisto diventa patologico.

Quando parliamo di shopping compulsivo ci stiamo addentrando in una specifica dipendenza comportamentale, non più leggera o grave di altre dipendenze.

Ciò che rende difficile definire questa disfunzione comportamentale è spesso l’assenza di consapevolezza da parte di chi la agisce, e la negazione come meccanismo difensivo delle conseguenze di tali azioni. Spesso questa manifestazione comportamentale è compensatoria a stati emotivi non riconosciuti, o controllati proprio attraverso la compensazione.

Le cause dell’assenza di controllo.

Disturbo che nel tempo si è uniformato nel genere, coinvolgendo il maschile ed il femminile con sufficiente equità; persone caratterizzate da tratti d’ansia, scarsa autostima ed elevata insicurezza che vengono spinte a non frenarsi, tra una vetrina e l’altra per innalzare il tono dell’umore. A usare le “spese pazze” quasi come una forma di autoconsolazione e come una pseudomedicina per spegnere l’ansia o sollevare un umore basso.

Inoltre c’è anche chi sarebbe portato agli acquisti irrefrenabili per sfoggiare in società, per esprimere la personalità formalmente espansiva, per voglia di contare di più socialmente, nascondendo dietro la forma una forte insicurezza personale con scarsa consapevolezza.

È evidente che questi comportamenti sono il risultato di un vissuto personale più intimo e complesso di ciò che appare, oscillando quindi in profili con insicurezza personale, timore del giudizio altrui, scarsa capacità di gestione emotiva, impulsività.

Come si manifesta?

L’esordio di tale disturbo non è correlato all’età, bensì può essere reattivo ad eventi particolarmente stressogeni, quindi lutti, separazioni, cambiamenti significativi vissuti come “subiti”. La persona sperimenta come in tutte le dipendenze un processo di craving [NdR ~ il desiderio persistente e impulsivo di un oggetto/comportamento percepito come gratificante] e di bisogno irrefrenabile d’acquisto in modo spesso indifferenziato, perché l’obiettivo non è cosa comprare ma semplicemente: comprare!

L’impatto nella vita quotidiana di chi ne è affetto, e della sua rete familiare conseguentemente, può includere un dispendio economico privo di senso e progettualità, difficoltà psicologiche e relazionali, aumento dei conflitti sociali, difficoltà di concentrazione.

Qual è il processo?

Come in tutte le dipendenze comportamentali, nonostante la narrazione di chi ne è affetto sia pressoché compressa, se dilatiamo il processo nel tempo diventa chiaro quanto ciò che appare istintuale e che si consuma in dieci secondi ha un percorso ben più lontano.

Fase 1. Quando la persona inizia a sentire emozioni come noia, rabbia, fastidio, frustrazione e l’acquisto immediato sembra lenire questi stati emotivi. Quindi il pensiero dell’acquisto è conseguente a uno stato emotivo.

Fase 2. Pianificazione dell’acquisto: la persona inizia a pianificare ciò che sente l’urgenza di comprare. Qui nelle situazioni più strutturate si scatena la creatività, per trovare scuse plausibili e farsi fare credito economico da amici e parenti. Lo stato emotivo è generalmente caratterizzato da adrenalina e ansia.

Fase 3. L’acquisto: la persona si sente attratta da oggetti, i più svariati, e la loro funzionalità o necessità sono variabili assolutamente irrilevanti, in quanto per la persona sono semplicemente urgenti. In questa fase lo stato emotivo correlato è impulsività e adrenalina.

Fase 4. Consapevolezza: avviene quando la persona dopo l’onda emotiva up sente il down, e quindi comprende su un piano di realtà socialmente condivisa, l’inutilità della sua scelta e cade in una condizione di vergogna, frustrazione, ansia, tristezza, rabbia verso di sé.

Ciò che accomuna queste fasi è la presenza di una componente emotiva che cerca di essere placata con comportamenti, che a posteriori, si rivelano inefficaci.

Come uscirne?

È chiaro che tale comportamento può essere trattato come risultato di un processo psicologico che include significati e narrazioni. Con lo psicoterapeuta è possibile elaborare ciò che tale processo rappresenta per lei/lui e un piano per uscire da questa spirale di compulsività.

Come per altri comportamenti dipendenti, il problema principale è la mancata consapevolezza del problema stesso e la capacità conseguente di chiedere aiuto. Spesso infatti queste persone vengono accompagnate dai familiari o da persone a loro vicine, proprio perché negarne l’esistenza è parte del processo di dipendenza e compulsività.

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