In un giorno di Carnevale di molti anni fa, mio nonno accompagnò mia mamma alle giostre del paese per vedere il “Carro della paura”. Arrivarono nel piazzale dei balocchi nel primo pomeriggio, dove si era già formata una lunga coda di bambini e di bambine trepidanti di scoprire cosa fosse la paura.
Il carrozzone era situato un po’ in disparte, quasi volesse farsi scoprire.
Al suo ingresso si ergeva il giostraio: un colosso vestito di tutto punto, con un vocione roboante, che diceva a ripetizione: «Chi entra non avrà mai più paura».
Venne il turno di mia mamma. L’omone aprì la porta e disse: «Coraggio, entra». Tenendo stretta la mano di suo papà, mia mamma entrò; la porta si chiuse. Con sua grande sorpresa vide che l’interno del carrozzone era vuoto. Girò su se stessa più volte per scoprire la paura, ma non la vide. Notò solo una porta su cui spiccava la parola Uscita. Triste e delusa chiese al papà: «Ma dov’è la paura?». Lui rispose: «Apriamo la porta d’uscita».
Allora tutto divenne chiaro. Entrarono nella seconda parte del carrozzone in cui un grande telo bianco portava questa scritta: «Cara bambina, caro bambino, la paura non esiste! È solo un brutto pensiero». Mia mamma capì e imparò la lezione.
La cosa strana di questa storia è che quel carrozzone durò pochissimi anni, poi sparì. Un vero peccato perché, secondo me, è stata la più bella giostra di tutti i tempi. Ah! se avessi potuto visitare quel carrozzone…
Invece, per superare le mie paure ho dovuto prendere altre strade, lunghe e costose, che però mi hanno portato alla stessa saggia conclusione del giostraio: la paura non esiste nella realtà, è solo un pensiero immaginario riguardante un futuro immaginario.
Lo affermo perché studio la paura da moltissimi anni e credo di aver letto tutto ciò che su di essa sia stato scritto, ad Occidente come ad Oriente. A mia volta, ho scritto un libro sulla paura, tanto per dire quanto questo argomento sia stato presente nella mia vita.
Sgombriamo subito il campo da possibili fraintendimenti: non parliamo di pericolo (se camminiamo su una fune a 10 metri dal suolo), terrore (se un terrorista minaccia di far saltare il teatro dove siamo seduti), panico (se scoppia un incendio e non esistono vie di fuga), ansia (se non sappiamo fare il discernimento dei pensieri), fobie (elementi esterni che ci turbano) e quant’altro.
Parliamo di tutte le paure che conosciamo: futuro, salute, soldi, cari, lavoro, affetti, figli. E poi paura di dire di sì, dire di no, paura di essere chi sono, di manifestare un’opinione. Paura di amare o di essere amato. Paura di accogliere. Di chiedere scusa, di perdonare. Di osare, di vincere, di perdere. Paura del prossimo. Di non essere apprezzato, accettato, accolto, amato.
Parliamo quindi dell’albero della paura che produce infiniti frutti.
Parliamo della paura che blocca e che impedisce di avanzare. Di quella che toglie il respiro, che ci umilia, ci fa nascondere e ci impedisce di vivere una vita piena e serena. Ci nega traguardi, vittorie, felicità.
Alcuni affermano che la paura sia utile in determinate situazioni.
Personalmente, la paura non mi è mai servita, anzi, l’ho sempre ritenuta un’odiosa prigione invisibile. Forse, chi la ritiene utile misconosce i termini: se confonde la paura con ciò che poc’anzi abbiamo escluso, allora tutto diventa possibile.
Ma quando nasce la paura?
È antichissima: viene addirittura citata nel primo capitolo del libro della Genesi dell’Antico Testamento. Adamo, subito dopo aver commesso il Peccato Originale, prova solitudine, vergogna e paura.
Da allora, si è così radicata nell’essere umano da diventare una fedele compagna di vita. Con essa veniamo “educati”, ad essa veniamo assoggettati. I regimi totalitari l’arruolano come un killer per annientare futuro e speranza. Gli Stati ne abusano per piegare coscienze e libertà. Molti genitori, molti professori, molte aziende, molti esseri umani la usano per ricattare e controllare.
Dopo il denaro, la paura è la merce di scambio più diffusa.
Ma finora nessuno ha trovato la cura.
Nemmeno la psicoanalisi. Sigmund Freud su di essa non ha speso una parola, probabilmente per mancanza di soluzioni.
Dobbiamo morire di paura?
No!
Poiché la paura è un pensiero immaginario riguardante un futuro immaginario che non conosciamo e che non controlliamo, il primo atteggiamento da assumere per vincere la paura è quello di vivere nel momento presente: qui e ora.
Il che vuol dire: “mi occupo di fare al meglio ciò che in questo momento posso fare e non mi pre-occupo del futuro, sia esso immediato, prossimo o lontano. Mi occupo di ciò che posso controllare e non di ciò che esula le mie competenze”. Prendiamo questa decisione forte e ribadiamola ogni giorno: nel qui e ora non può esistere la paura.
Il secondo atteggiamento è: rifiutare il pensiero di paura.
Poiché è solo una proiezione immaginaria, possiamo rifiutarla.
Il terzo atteggiamento è: trasformare il pensiero di paura.
È risaputo che il nostro cervello non può credere, pensare o vivere due pensieri contemporaneamente, quindi eliminiamo quello di paura e trasformiamolo nel suo esatto opposto. Poi, crediamo fermamente in ciò che affermiamo.
Esempio: “Ho paura di perdere il lavoro”.
Lo trasformiamo in questo modo: “Poiché sono capace, produttivo e intelligente mi occupo di fare al meglio il mio lavoro. E in ogni caso, sono capace di trovare nuove soluzioni. Sono creativo. Confido nelle mie capacità e sono sicuro di riuscirci”.
Questi 3 atteggiamenti sono la base per vivere liberi dalla paura, tuttavia possiamo fare molto di più, e cioè far crescere la fiducia in noi stessi.
Siamo tutti dotati di intelligenza, capacità, intuito, forza e determinazione, perché mai dovremmo credere a un pensiero di paura, ladro e malandrino?
Inoltre, possiamo confidare nell’abbondanza della vita che in ogni istante si staglia davanti a noi (se non la vediamo è demerito nostro, non della vita).
Infine, per coloro che hanno una sensibilità cristiana, ricordo che la Bibbia cita ben 365 volte la frase Non temere. E lo fa perché l’Onnipotente vuole dire al Suo popolo di non temere. Mai.
“Se so veramente chi sono, da dove vengo e dove andrò, basterà ricordare la mia figliolanza per alzare lo sguardo al Cielo e dire semplicemente Mi fido di Te”. Allora la paura dovrà scappare a gambe levate perché non può resistere alla presenza dell’Assoluto.
Concludo così: la paura vive dove nulla le si oppone.