Taboo è sbarcata anche su Netflix. La serie, trasmessa inizialmente nel 2017 da BBC, trasuda talento già dalla sua copertina: è prodotta da Ridley Scott, scritta da Steven Knight (sceneggiatore anche di Peaky Blinders), vanta le colonne sonore di Max Richter ed è interpretata nel ruolo da protagonista da Tom Hardy. What else? Direbbe il George della Nespresso.
Tuttavia, nonostante i giganti artistici che hanno permesso la sua realizzazione, è proprio nel protagonista l’elemento di svolta a livello mediatico. Si tratta infatti di un antieroe, scritto, e infine interpretato, a regola d’arte.
L’antieroe non è un antagonista, ma nemmeno un eroe. Sarebbe troppo semplificato pure definirlo un ibrido. Parliamo, invece, di un sotto-archetipo di personaggio dalle origini antiche, che si è evoluto nel corso dei secoli con caratteristiche del tutto uniche. Le prime bozze di personaggi antieroe si ritrovano addirittura nei poemi Omerici, con Tersite. Più recentemente hanno vestito i panni anche di Michael Corleone, Travis Bickle, Omer Simpson e Batman.

Ma con le odierne serie tv questa figura assume altri connotati, più profondi e precisi: perpetua dicotomia fra bene e male, acume da vendere, non di rado un rapporto conflittuale con la società e profondità caratteriale. Ed è proprio questo animo tormentato quanto imperfetto, e dunque di facile immedesimazione, che lo rende irresistibile per lo spettatore.
James Delaney, giovane ricco ereditiero, figlio di un borghese dalla mente instabile e una misteriosa strega indigena, ci mostra l’animo dell’antieroe in una Londra vittoriana corrotta ed ipocrita, dove la povertà è relegata a quartieri putridi e fatiscenti, ed è rappresentata da una boriosa élite accecata dai nuovi interessi coloniali volti al Nuovo Mondo. Il risultato di questo finto progressismo, costruito per la ricchezza di pochi e l’abbrutimento di molti, è una popolazione di mostri pronti a impugnare il forcone. James Delaney più di tutti. Torna in terra natia dopo un paio di lustri passati in Africa, richiamato da sinistre voci oltreoceano, presentandosi al pubblico con un curriculum “antieroico” eloquente: nella Terra dei leoni ha praticato la stregoneria, ha affinato l’arte del cannibalismo e ha sabotato navi mercantili e schiaviste. Non esattamente il genere di gentleman che ci si aspetta da un uomo con cilindro e bastone dal pomello intarsiato, e che si fa più di settemila chilometri fra tempeste e odore di salsedine pur di commemorare il padre defunto.
Però è esattamente ciò che ci si aspetta da un buon antieroe. Spietato se serve, ma dal cuore pulsante. Con l’aiuto del fedele maggiordomo di famiglia, Brace — un Alfred di casa Wayne ma più rozzo —, una giovane vedova di Delaney senior e alcuni scagnozzi dei bassifondi all’ombra del Tamigi, James si infilerà tra l’incudine della Corona e il martello della Compagnia delle Indie Orientali per difendere la scottante eredità lasciata dal padre: una piccola lingua di terra americana strategica per il commercio in Cina.

La più ardita tra le follie. È proprio qui, oltre il sangue di lingue umane, riti esoterici, rum e le più disparate schifezze che si intravede la parte eroica di James, quando si scoprirà la sua reale motivazione per esporsi a una guerra impossibile al Potere, e che mostrerà un obiettivo più alto di un mero interesse economico o di onore familiare. Le briciole portano a un terribile segreto dell’Africa, che James avrebbe voluto volentieri portarsi nella tomba, ma che lo perseguita più del proprio estro esoterico di genesi materna. Un atto più grave della stregoneria, di un furto o di una gola sgozzata a freddo, e che ha compiuto proprio in nome della Compagnia delle Indie Orientali per cui ha lavorato. Questa ferita aperta gli consentirà di rinascere dalle ceneri con una nuova pelle. Più forte, più debole.
Ecco la profonda escalation di un antieroe: fragilità, introspezione, mutazione. E di nuovo, da capo. In fondo, un antieroe, come James, è solo una persona comune che persegue i propri scopi senza distrazioni, ma che ciononostante crede in quei valori nobili che solo i rari sanno proteggere con perseveranza. Quando indole e difficile vissuto non prendono il sopravvento, si intende.
Si tratta semplicemente di un umano, del resto. E in quanto imperfetto, realistico.
Perché, possano perdonarci i santi, nessuno resta costante nella strada al Paradiso o è estraneo al richiamo del peccato.
A giugno nella rubrica FILMOLOGY vedremo Le Perle Sconosciute. Alla prossima!