- Ciao Kledi, anzitutto un sentito “grazie” per dedicarci del tempo in un frangente della tua vita così intenso. Ma la vita, per quanto dura è sempre una cosa preziosa e bisogna affrontare anche le difficoltà con fiducia e speranza. Sei d’accordo?
È vero. È un momento particolarmente difficile per me, per tutta la mia famiglia. Però mai arrendersi o peggio lasciarsi travolgere dagli eventi. Siamo fiduciosi e lottiamo, sempre!
- In effetti, osservando i tuoi social si vedono danza e famiglia, famiglia e danza: possiamo definirle le due cose più preziose per te, quelle che ti riempiono infinitamente il cuore?
Assolutamente sì. La danza prima di essere un lavoro è una disciplina che ho sempre rispettato e amato. È una disciplina che richiede sforzi e fatica, ma a lungo andare ci sono delle soddisfazioni.
La famiglia è il mio nido di protezione e una carica di energia.
Ogni volta che parto, soprattutto nei weekend, sono la danza e tutti i miei allievi a riempire quel vuoto momentaneo lontano dalla famiglia.

- Torniamo per un attimo alle tue origini: hai dichiarato spesso che la tua famiglia, i tuoi maestri dell’Accademia di danza di Tirana e l’educazione che hai ricevuto (da entrambi), ti hanno reso quello che sei.
Assolutamente sì, sono stati gli anni più importanti, necessari per crescere in maniera sana e positiva. Per primo sostengo che parte del successo sia dovuto alla formazione e allo studio serio che ho ricevuto da ragazzo: infatti gli anni della scuola sono stati importantissimi, perché mi hanno dotato di un bagaglio tecnico tale da affrontare con sicurezza il palcoscenico e allo stesso tempo hanno fortificato il mio carattere.
Le scorciatoie non servono a nulla se non si hanno basi solide sulle quali costruire una carriera lunga nel tempo. È importante studiare, prepararsi con serietà e impegno. Poi possono arrivare anche il successo e i privilegi che ne scaturiscono.
La popolarità non è sempre sinonimo di talento; ci sono danzatori e attori di teatro, sconosciuti o comunque poco noti al grande pubblico, che in realtà sono artisti straordinari. Anzi a volte c’è più arte negli invisibili.
- Ci racconti quando hai incontrato la danza per la prima volta e quando hai capito che non poteva che essere il centro focale della tua vita?
Avevo circa otto anni quando sono entrato a far parte di un piccolo gruppo nel “Palazzo dei Pionieri”, al centro di Tirana. Dopo due anni ho fatto l’audizione per essere ammesso all’Accademia Nazionale di Danza, e da lì il mio percorso è durato circa otto anni.
Non l’ho capito subito, ma con il tempo iniziavo a rendermi conto che avevo scelto una professione che non potevo mollare; e così è stato.

- Il “viaggio” del 1991 sulla Vlora* è stato definito un esodo, una fuga da una situazione socio politica ormai insostenibile. Tu eri molto giovane: cosa ha rappresentato per te quel viaggio?
A 17 anni si è inconsapevoli dei rischi di un viaggio del genere; l’adrenalina a mille porta a fare tante cose d’istinto senza rendersi conto.
Nel mio caso, il motivo che mi ha spinto a lasciare l’Albania è stata la volontà, e ancor di più la curiosità, di scoprire cosa c’era dall’altra parte del mare.
È stato un viaggio che ha segnato la vita di tutti noi albanesi in quegli anni, ma è stato anche un viaggio che ha definito il nostro carattere. Di certo ci ha fatto assaporare e rispettare i veri valori della vita.
- Cos’è per te il successo: passione, talento, fortuna, duro lavoro, determinazione? Oppure hanno tutte lo stesso peso?
Il successo è un percorso che facciamo per raggiungere uno o più obiettivi. È il risultato di tanto lavoro, impegno, fatica.
Poi sicuramente talento, passione, determinazione sono valori che aiutano; ma rimane sempre lo studio il segreto di tutto. Chi ha capito questo sarà ricompensato.
Oggi si tende ad avere risultati facili e soprattutto con il minor tempo possibile, cosa praticamente impossibile con la danza (e non solo).

- Il tuo impegno nel diffondere l’arte della danza è diventato fondamentale in Italia, dove questa è ancora considerata un’arte minore e dove qualche maschietto viene deriso o addirittura scoraggiato nella frequentazione di scuole di ballo. Cosa ne pensi?
Sicuramente questo pregiudizio non è più così pesante e comune come prima. La divulgazione televisiva e dei media in generale, ha aiutato a far capire che la danza è una professione, è un lavoro che richiede impegno e tempo.
Oggi ci sono ancora degli episodi di pregiudizio, ma non così radicati come prima. La famiglia in questo caso è il fattore determinante. Se i ragazzi hanno il suo appoggio, niente li può fermare.
Purtroppo a volte è proprio la famiglia che ha pregiudizi del genere, forse per paura di un pensiero comune “malato”.
- Concludo con una domanda difficilissima: ballerino o coreografo?
Sicuramente oggi insegnante 🙏🏻

*Vlora è stata la “nave della speranza” per molte persone. Una nave mercantile malandata che trasportò dall’Albania all’Italia più di ventimila migranti in un solo viaggio. Era l’8 agosto 1991, un giorno memorabile per i due paesi.