giovedì, Dicembre 7, 2023

Jonathan Nolan, non bisogna ripudiare esser Robin 

A volte essere un ottimo direttore della fotografia, montatore, compositore o qualsiasi ruolo di un’equipe cinematografica che non vanti il lusso dei riflettori mediatici, non è il male minore. Purtuttavia, taluni devono scontrarsi anche con una bestia peggiore: il confronto, soprattutto in famiglia. Pensiamo a Tony Scott, fratello del ben più celebre Ridley. Jaden Smith erede dell’iconico Principe di Bel Air, Will Smith. Poi c’è una coppia che sta divorando le prime pagine dei quotidiani, le home dei social network e i tabelloni dei cinema: Christopher Nolan e il fratello Jonathan. 

Proprio in quest’ordine. Christopher e il fratello. Soprattutto, una volta in più dopo il recente fenomeno Oppenheimer. Christopher Nolan si conferma un gigante della cinepresa e un must to know di cultura generale. Dunque, approfittando anche dell’ultima saga di Batman ideata proprio da loro, si può supporre che “Christopher sta a Batman come Jonathan sta a Robin”?  Oppure il fratello meno conosciuto scalerà la tortuosa salita della fama, superando pure il più celebre fratello regista?

Jonathan Nolan si crea il proprio spazio comparendo sempre più spesso nei film del fratello Christopher, sotto la voce di screenwriter, ossia sceneggiatore. E nonostante sia direttore anche di ottime serie come Person of Interest e Westworld, il campo in cui Jonathan Nolan si muove più frequentemente rimane indubbiamente l’arte della scrittura. In collaborazione con suo fratello maggiore (di sei anni), partecipa alla stesura dei copioni per Memento, The Prestige, nonché per Il Cavaliere Oscuro e Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno

Per il primo, considerato forse il più grande capolavoro del regista britannico, il fratello minore Jonathan dà più che un fugace contributo. 

Nel 2001, Jonathan Nolan infatti crea un breve racconto dal titolo Memento Mori (“Ricorda che devi morire”), che segna il suo primo vero lavoro di scrittura dopo aver completato gli studi presso l’Università di Georgetown. Successivamente, il fratello Christopher ne trae una pellicola che avrebbe poi raggiunto uno status di pietra miliare. Memento, appunto. La storia di un uomo che ha un disturbo della memoria e per questo si tatua le informazioni sul corpo. 

I due fratelli provano quindi un bizzarro quanto ambizioso esperimento: il film viene girato al contrario, inizia dalla fine e termina con l’inizio. Ciononostante la resa è stupefacente, con la giusta dose di colpi di scena e la presenza dei tratti cardine di una sceneggiatura.

Anche con The Prestige la parte di sceneggiatura è la colonna portante del film. Senza creare antipatici spoiler, si può riassumere in una frase: un film sulla lotta tra due illusionisti dove alla fine l’illusione la subisce lo spettatore. Il gioco del rapporto regista-spettatore viene poi proposto anche in Inception, dove però Jonathan non figura nell’equipe di lavoro. 

Altra comparsa memorabile, come citato poc’anzi, è la saga di Batman. Un cinecomic di altissima qualità in cui semplicemente funziona ogni cosa. Dal cast al montaggio, dalla regia alla fotografia, dai costumi alla sceneggiatura. Pensiamo all’interpretazione storica di Heath Ledger nei panni del Joker, valsagli l’oscar, o alla creazione di un Batman in toni più oscuri e misteriosi. È proprio questo il pezzo forte del Batman nolaniano, l’aver reso un cinecomic un cult. 

Successivamente, dopo Inception, Jonathan aiuterà il fratello maggiore a quello che personalmente è il mio film preferito dei Nolan, ossia Interstellar. Molto spesso viene frainteso come film fantascientifico che poi termina in un film sull’amore. Ma è esattamente il contrario. È un film sull’amore che per poter centrare la sua tematica utilizza il genere fantascientifico. 

Quando si studia sceneggiatura si impara che vi è una trama superficiale e una più profonda. Quella superficiale, paradossalmente, è quella principale. Mentre quella più profonda è anche quella sullo sfondo, quella che uno spettatore deve cogliere. Qui la trama superficiale è il salvataggio della terra, navigando attraverso tempo e spazio. La trama più profonda è che l’amore supera ogni cosa, tra cui proprio il tempo e lo spazio. Se consideriamo poi che il film è supportato in fase di scrittura anche da Kip Thorne, uno dei più grandi scienziati in vita, e la potenza degli effetti speciali della Syncopy Films, non possiamo proprio non metterlo nella nostra to do list cinematografica.

Qui continua ad apparire Jonathan. Dunque non è così sbagliato ritenere che spiani la strada al celebre fratello. O, quantomeno, gli dà una grossa mano.

Ma nonostante il riconoscimento di questo innegabile talento, Jonathan Nolan dichiara continuamente di nutrire una sorta di avversione nei confronti del processo di scrittura, sottolineando come almeno una volta al giorno si imbatte nel tanto temuto blocco dello scrittore. Da Larry King Live, infatti sostiene: «Provo un sentimento di fastidio nel dover affrontare l’atto stesso della scrittura. Tuttavia, sono colui che trae immenso piacere dal risultato ottenuto una volta che la scrittura è compiuta. Per trovare ispirazione vado in spiaggia, e prediligo la mezzanotte come orario».

Potrebbe sembrare ovvio supporre che la presenza imponente del fratello maggiore possa generare una sorta di disagio per Jonathan nel rimanere in secondo piano. Tuttavia, attraverso numerose interviste rilasciate nel corso della sua carriera, il fratello minore esalta sempre la sua collaborazione con Christopher. In particolare in un’intervista sulla loro sinergia lavorativa, dice: «Ho sempre considerato il nostro legame simile al contrasto tra la mia natura di destrorso e l’essere mancino di Christopher. La sua capacità di esaminare le mie idee e di trasformarle in qualcosa di più affascinante e intrigante è straordinaria. L’opportunità di collaborare in questa maniera è davvero eccezionale». Dunque Jonathan Nolan non è Robin, perché Batman non ha mai avuto bisogno dell’aiuto del suo fidato braccio destro per crearsi un nome. Mentre Christopher sì, di fatto. Ma anche se fosse, che Jonathan è l’eroe mascherato a supporto di uno più celebre, che male ci sarebbe? Come dice Cremonini «nessuno vuole essere Robin», ma a volte sarebbe sano esserlo. Non ci si rende conto che nella vita non è necessario per forza cercare la ribalta, i riflettori, la gloria eterna. A volte, per essere felici, bisogna coltivare quello che si ha già di bello, anche se dovesse trattarsi di un ruolo apparentemente secondario. 

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