giovedì, Dicembre 7, 2023

Il genio maligno di Nolan

Allerta spoiler

Solitamente, in un prodotto filmico siamo abituati ad assistere a uno o più conflitti che vedono coinvolti i personaggi. Il regista, lo sceneggiatore, il montatore e chi di dovere nella troupe, impacchettano il prodotto filmico affinché possa far immergere lo spettatore. Talvolta però questi artisti ci hanno abituati a scenari che possono andare ben oltre. 

Talvolta, il bersaglio del film non sono solo i personaggi con i loro obiettivi e conflitti, ma lo spettatore stesso.

Inception, a tal proposito, è un esempio ancora “caldo”. Sicuramente non si tratta di una vera e propria Perla Sconosciuta, ma al contrario è uno dei film più iconici degli ultimi quindici anni. In ogni caso ha dei meta linguaggi di natura filosofica che vanno interpretati.

Christopher Nolan ci ha già battezzati ad un esperimento meta-filmico di questo genere con The Prestige, dove noi stessi spettatori siamo vittime di un gioco di prestigio che ci lascia il dubbio di quando sia avvenuto.

In Inception invece si arriva a dubitare dell’esistenza stessa. Si nuota nell’inconscio, nel subconscio, nella realtà dei sogni condivisi, per poi scoprire che noi stessi potremmo aver vissuto lo stesso sogno dei protagonisti.

Nolan ci porta in un mondo distopico, caratterizzato da professionisti che, per lavoro, possono saltare a proprio piacimento da sogno a realtà. Come nel caso di Cobb (Leonardo di Caprio) un affermato estrattore di sogni. 

Il protagonista non lavora da solo, ma ha una squadra composta da singolari soggetti con diverse mansioni (l’Architetto, il Falsario, Il Manovratore e il Chimico) e ha lo scopo di creare un sogno conosciuto, organizzato, facilmente interpretabile, che permetta di estrarre informazioni (ossia i contenuti del sogno) da colui che offre il suo subconscio: in altre parole, la vittima.

Inception inizia in medias res: Cobb si trova in un palazzo in classico stile giapponese di proprietà di Mr. Saito (Ken Watanabe), la vittima dell’estrazione. Il protagonista deve fingere di essere in visita di cortesia per rubargli delle informazioni preziose dalla cassaforte. Il furto non ha buon esito, ma è quello che interferisce con esso che desta maggior interesse. L’ex-moglie di Cobb, Mal (Marion Cotillard), appare nel sogno e rovina i piani dello stesso — simbolicamente il rimorso lancinante che viene a tormentarti nel mondo onirico.

I due amanti hanno vissuto decadi in un sogno eterno fatto di castelli di carta e spiagge dorate. Il loro più grande peccato è stato quello di voler dare una dimensione eterna al loro amore, rifiutando così la realtà mortale.

Cobb però, non vedendo i segni del tempo sulla pelle, non vedendo più il sole calare, si rende conto che un sogno per quanto bello rimane tale, e nel lungo termine non pareggia la bellezza di una vita mortale.

Al contrario, Mal, col passare degli anni si trova sempre più a suo agio nel mondo onirico, dimenticando l’effettiva essenza intrinseca.

Così Cobb decide di inserire un dubbio nella mente della compagna. Un innesto generato da una trottola che nel mondo del sogno mai può cadere.

Questo per dare la risposta al dubbio universale che ha la coppia.

Lo scopo è far capire a Mal, smarrita nel labile confine tra favola e mondo reale, che non stanno vivendo la realtà e che avrebbero dovuto tornarci il prima possibile. Un dubbio che però successivamente assume le connotazioni inquietanti del Dubbio Iperbolico di Cartesio. In sostanza, un dubbio auto-rigenerante. Senza fine.

Purtroppo, quel dubbio, Mal se lo porta dietro una volta tornati alla realtà. Rimane convinta di vivere in un sogno e dunque di trovare, nella morte, l’unica via di fuga. Così, dalle prospettive di un roseo paradiso, Mal si trova incatenata all’inferno.

Il Genio Maligno, teorizzato da Cartesio come un genio sovrannaturale dai fini ingannatori, si traveste da Cobb, e inserisce a sua volta un dubbio di proporzioni devastanti nella mente della donna. «Un’idea può crescere fino a definirti, o a distruggerti», spiega Cobb. 

Quell’idea non porterà mai a definire Mal.

Quindi la donna, una volta morta, qualsiasi sia il sogno, assume per Cobb le forme umane della colpa: la colpa di aver portato al suicidio la donna che ha amato. Mal infatti, mentre sono stati insieme appare come una donna dolce e affabile, invece nei sogni di Cobb, ingloba tutta la rabbia e la frustrazione che il sentimento della colpa può offrire. Nolan non lascia proprio nulla al caso, ma questa è un’altra storia.

Cartesio nelle Meditazioni Metafisiche (1641) considera il fatto che, anche se i sensi talvolta ci ingannano, ci son cose che noi diamo per scontate e tendiamo a considerare come vere: per esempio il nostro corpo o gli oggetti che ci circondano. È normale che ciò accada, perché esiste una continuità nell’esperienza di questi oggetti. Noi li percepiamo tutti i giorni e tutta la realtà che vediamo appartiene a un mondo a cui siamo abituati. 

Infatti, Mal, quelle sculture di carta, quelle spiagge dorate la cui fine si perde nell’orizzonte, ha creduto davvero siano esistite.

Cartesio, dopo aver scartato il “caso del folle”, per cui ha abbozzato una parvenza di convinzione d’aver ceduto alla follia, si serve del “caso del sogno”, per teorizzare seriamente il dubbio che lo attanaglia.

Nel libro Meditazioni metafisiche, spiega:

«[…] ciò che accade nel sonno non sembra certo chiaro e distinto come tutto questo. Ma, pensandoci accuratamente, mi ricordo d’essere stato spesso ingannato, mentre dormivo, da simili illusioni. E arrestandomi su questo pensiero, vedo così manifestamente che non vi sono indizi concludenti, né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere nettamente la veglia dal sonno, che ne sono tutto stupito; ed il mio stupore è tale da esser quasi capace di persuadermi che io dormo».

Ma allora cosa spinge Cobb a credere ciecamente che la sua realtà sia effettivamente quella reale? Si serve ancora della trottola. L’unica realtà, o paradigma certo, che Cartesio valuterebbe più veritiero della matematica stessa. Talvolta, quando il dubbio lo assale, la utilizza e verifica dunque di essere nel mondo reale. E noi lo verifichiamo con lui.

Cobb riesce nel suo scopo: torna finalmente a casa. Va subito a cercare i suoi figli. Li trova come li ha lasciati, nei ricordi a cui ci ha abituato. Appoggia la trottola sul tavolo della cucina. La trottola sta roteando, ha un cedimento, ma poi continua a roteare.

Ecco che pure noi spettatori siamo stati, probabilmente, vittime di un “innesto”. Una piccolissima idea, come Mal, ci ha figurativamente distrutto: dall’inizio del film siamo sempre stati convinti di saper distinguere la realtà dalla fantasia insieme a Cobb. Quell’idea vacilla tutto d’un tratto alla fine, quando non puoi più avere risposte. Un dubbio iperbolico che ci portiamo ancora dentro, mentre il Genio maligno di Nolan sghignazza ancora una volta per averci ingannato.

A Giugno nella rubrica FILMOLOGY vedremo “Maestri della Settima Arte”.

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