giovedì, Dicembre 7, 2023

Bloccare qualcuno è solo immaturità emotiva?

Possibili significati alternativi

Whatsapp e le dinamiche circostanti sono davvero molto frequenti nei racconti dei miei clienti. Spesso li vedo trasformarsi in hacker per amore, tirando dentro anche amiche e amici, che si trovano a loro volta coinvolti in un controllo dell’oggetto d’amore o dall’oggetto dal quale scappare a gambe levate. Insomma si trasformano in una sorta di moderni Sherlock Holmes.

“Essere bloccati” significa non avere più la possibilità di contattare una persona, non vedere più i suoi “stati”; invertendo le parti, significa impedire a quella persona di contattarci tramite telefono o altri canali social come Whatsapp. Perché abbiamo bisogno di mettere un confine? Da che cosa ci tutela? A che cosa andiamo incontro mantenendo un canale comunicativo aperto?

Bloccare qualcuno è proprio l’immagine metaforica dello STOP, oltre al quale pare non sia opportuno andare. 

Sappiamo che il limite è protettivo. Dire di no ad un bambino è un modo per proteggerlo da un potenziale pericolo che lui non può conoscere non avendone l’esperienza. Ma perché tra adolescenti e adulti oggi non riusciamo a dire “no grazie” e dobbiamo ricorrere ad azioni così mentalmente aggressive?

Bloccare qualcuno, non conoscendo la sua storia pregressa, può essere molto impattante emotivamente e può far riaffiorare vissuti emotivi collegati al rifiuto, al disvalore personale, all’abbandono, al non essere meritevole o non essere mai abbastanza.

Spesso questa azione manifesta una buona quota di anassertività; a volte di immaturità emotiva, altre volte è un’espressione di rabbia, paura, o protezione dall’insistenza e invasività altrui.

In altri casi è invece uno strumento per regalare quote d’ansia o di angoscia abbandonica a chi pensiamo ci abbia generato una qualche sofferenza.

Se ti blocca gli sei indifferente?

Questa domanda può essere legittima. Molte persone bloccano dopo un litigio, come fosse una sorta di silenzio punitivo che nasconde in realtà una forte azione aggressiva.

Alcune persone bloccano dopo la fine di una relazione, per non soffrire nel vedere che la vita dell’altro prosegue nonostante non ne facciano più parte. Questo sembra essere una reazione alla propria ferita narcisistica, per cui costruisco la mia realtà come se tu non fossi mai esistito, una sorta di autoinganno per mitigare la propria frustrazione.

Se ti blocco devo proteggermi da te o da me? Quanto poco mi fido di me stesso? Se non ti blocco a che cosa posso andare incontro?

Per esempio tenere aperta la porta comunicativa della chat, potrebbe equivalere a tenere aperta la porta del cuore. Visualizzando l’orario di accesso, il cambio della foto profilo, gli stati, abbiamo l’illusione di raccogliere molti elementi sulla vita dell’altro e di darne un significato che appartiene solo al nostro mondo rappresentazionale.

Un post di due bicchieri e un tramonto significa che magari mi avrà già dimenticato e starà uscendo con altre persone; o starà festeggiando la fine della nostra relazione, o ancora, non è a casa distrutto dal dolore sul divano come lo sono io.

Tutti elementi che rimangono sospesi perché non verificabili. Elementi che acquistano forza nei pensieri e forza nella dimensione emotiva, esattamente come un palloncino che si gonfia sempre più fino a scoppiare: così esplode l’ansia incontrollata, la gelosia, l’insonnia, il rimuginio.

Ci troviamo quindi dentro ad un girone dell’ansia per mancato controllo, visto che tutte le nostre supposizioni rimangono tali. Ma ne vale davvero la pena?

Credo che questo giochino comunicativo spesso sfugga di mano. Non per mancanza di intelligenza o maturità, piuttosto per difficoltà nell’esprimere ciò che pensiamo.Ricordare che a volte dire di no a te significa dire di sì a me, non è un atto d’egoismo ma un’azione di rispetto e cura per me; un’ottima àncora quando sento di essere in un mare in tempesta.

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