Alcuni artisti portano avanti la loro ricerca con una tale coerenza che trovo affascinante. Tra questi c’è senza dubbio Giorgio Griffa (1936), artista torinese che ha lavorato senza mai perdere la propria autonomia espressiva e realizzando opere sorprendentemente attuali. Con le sue tracce pittoriche Griffa parla un linguaggio essenziale, che si distingue per la sua estrema semplicità: «Io non rappresento nulla, io dipingo», commentava infatti lo stesso artista nel 1972 a proposito del proprio lavoro.
Ho deciso di ospitare nella mia galleria di Milano Declinazioni infinite, una mostra dedicata alle opere su tela che il maestro ha realizzato tra gli anni Settanta e Novanta.
Con rispetto ed eleganza nei confronti della tela, l’artista lascia traccia del suo passaggio attraverso il colore, che sulla superficie diventa segno, ritmo, forma.

Quel che resta sull’opera è la memoria del gesto creativo, è il risultato di una riflessione che trova nell’iterazione la propria essenza. Se nelle opere meno recenti il colore è più tenue e i segni meno complessi, negli ultimi decenni Griffa ha realizzato gli Arabeschi, in cui il tratto è più ritmato e la cromia più marcata.
Il linguaggio “primario” di Griffa ha finalmente ottenuto un riconoscimento internazionale l’anno scorso con una mostra personale al Centre Pompidou di Parigi che ha conferito il giusto prestigio a questo artista inspiegabilmente poco noto al grande pubblico. Ma forse, qualche lettore ricorderà la sua presenza al Padiglione dei Colori della 57a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 2017 intitolata Viva Arte Viva.
Michael Biasi
L’arte di Giorgio Griffa prende forma nella Torino degli anni Sessanta, città universalmente conosciuta per la nascita dell’Arte Povera ma che ha ospitato tanti altri artisti che hanno operato autonomamente dando un contributo significativo all’arte del Novecento.
Nato a Torino il 29 marzo 1936, Giorgio Griffa inizia a dipingere già all’età di dieci anni, esprimendo sin da bambino la sua vocazione per l’arte. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza nel 1958 esercita la professione di avvocato e nel contempo prosegue la sua formazione di artista dedicandosi a una pittura di carattere figurativo fino alla seconda metà degli anni Sessanta, quando definisce il suo linguaggio artistico astratto.

La cifra stilistica del lavoro di Griffa consiste nel suo tratto pittorico essenziale e originale. Dipingere non è rappresentazione ma espressione diretta di uno stato mentale: sulla tela grezza priva di cornice, l’artista stende il colore lasciando che la mente diriga la propria mano senza prevaricare mai sugli strumenti a sua disposizione.
Nonostante l’arte di Griffa sia inserita nella cosiddetta “Pittura Analitica”, la sua opera è così personale che risulta oggi difficilmente inquadrabile all’interno dei movimenti storici.
Attraverso un gesto semplice, che celebra la pittura e il passaggio dell’uomo su questa terra, Griffa lascia un segno minimale che può apparire in un primo momento anonimo ma che invece è il risultato di un forte intervento artistico e di una stratificazione di rimandi alla storia dell’arte, alla pittura del paleolitico, alla filosofia Zen e alla musica.

La tela diventa così terreno di sperimentazione in cui ogni pennellata indica lo scorrere del tempo, in un campo di pensieri e riflessioni inafferrabili che si fermano (ma potrebbero continuare all’infinito) sulla superficie pittorica.
I lavori più recenti introducono numerazioni che si distribuiscono con un significato ben preciso: inizialmente appaiono per elencare le diverse tele di uno stesso ciclo, poi per ordinare le pennellate ed infine per il riferimento alla sezione aurea, rapporto numerico della perfezione che ricorre in molti elementi naturali.
Di fronte a queste opere non si può parlare di imperfezioni, ma di processo creativo, di scelte dell’artista che di volta in volta calcola misura, larghezza e lunghezza dei segni e, di conseguenza decide lo strumento da utilizzare, che può essere quindi un pennello sottile, largo o una spugna. Dopo questa prima fase, seguendo il modus operandi di Griffa, l’artista stabilisce da dove iniziare la stesura del colore e in quale verso distribuire le pennellate; soltanto dopo aver definito tali soluzioni procede all’azione, al gesto, in uno stato di grande concentrazione.

La mostra Declinazioni infinite presso la MAAB Gallery di Milano attraversa i passaggi salienti della poetica di Griffa mediante la selezione di lavori che ricoprono un arco cronologico che va dal 1969 al 2007. Il bianco delle pareti della galleria milanese viene interrotto dal colore delle tele grezze (iuta, canapa, cotone o lino), lasciate “al vivo” senza telaio e fissate direttamente a parete con piccoli chiodi. Al loro interno, il colore anima segni liberi e vibranti che ognuno di noi potrà decifrare secondo il proprio stato d’animo.
Giorgio Griffa. Declinazioni infinite
MAAB Gallery
via Nerino 3 – 20123 Milano
Dal 21 Settembre al 17 Novembre 2023